Afrodite Sosandra

Anche l’antichità classica fu funestata da terribili epidemie.
La testa dell’Afrodite “Sosandra” (in greco “Salvatrice degli uomini”), copia romana in marmo del II sec. d.C., esposta nel Museo di Archeologia dell’Università degli Studi di Pavia, ci rimanda all’originale in bronzo dell’artista greco Calamide del V sec. a.C., purtroppo non più conservato. Il bronzo è sempre stato prezioso e probabilmente la statua è stata fusa per farne armi. Conosciamo l’originale attraverso numerose copie di età romana, tra cui quella integra trovata a Baia, conservata al Museo Archeologico di Napoli e la nostra testa, che è di fattura eccellente e conserva negli occhi tracce della colorazione originaria. L’originale rifulgeva nei Propilei, ingresso monumentale dell’Acropoli di Atene nell’età dell’oro di Pericle, epoca a cui una terribile pestilenza pose fine. La figura è completamente avvolta in un manto che le copre anche la testa e come già scriveva Luciano di Samosata è caratterizzata dalla verecondia, con un “sorriso dignitoso e lieve”.
Le epidemie per fortuna finiscono e i capolavori sopravvivono immortali.